Il suono della macchinetta del caffè mi dà il buongiorno. Tra pochissimi minuti inizia una nuova diretta sulla pagina Facebook di Copy42. Con chi prendiamo il caffè questa mattina? Con Federica D’Alessio. Federica lavora da 20 anni con le parole: è traduttrice, giornalista, transcreator. Ed è anche una nostra docente di Copy42 ADV, dove tiene una lezione tutta dedicata alla transcreation.
Qui ripercorrerò quello che ci ha raccontato Federica D’Alessio durante la sua diretta. Capiremo meglio cosa significa essere transcreator e vedremo come lavora un copywriter globale. Per farlo entreremo nel vivo della materia con un po’ di esempi di transcreation.
Il lavoro del transcreator o “copywriter globale”
Chi è il copywriter globale? Qual è il suo ruolo? Detto così lo immaginiamo come una specie di supereroe della scrittura capace di parlare tutte le lingue del mondo e di far comunicare tutti i brand del globo. Be’, non è proprio così. È un tantino meno complesso.
Il transcreator è una figura professionale che si occupa di copywriting per brand che lavorano sul mercato globale, quindi grandi marchi che hanno la necessità di comunicare con mercati diversi, in lingue diverse. Il suo compito è traghettare questi messaggi da un Paese all’altro. Non si tratta però di una semplice traduzione: il transcreator è chiamato a produrre un contenuto che funzioni per il mercato di riferimento e che risponda agli obiettivi del brand. Un contenuto che può essere anche molto diverso dal testo originale, poiché viene adattato a uno specifico contesto culturale.
Entriamo subito nel vivo di questa professione con qualche esempio di campagna pubblicitaria uscita durante l’emergenza Covid-19 – ne puoi trovare un’ampia raccolta nel sito Ads of the World.
Nike, una transcreation poco riuscita
Di solito Nike non ricorre alla transcreation. Pensa al suo celebre slogan, “Just do it”: non è mai stato tradotto. Durante l’emergenza Covid-19 il brand ha prodotto questo bellissimo video per la campagna “Play for the World”.
Questa volta Nike ha deciso di produrre anche una versione della campagna destinata al pubblico italiano.
Un cambiamento radicale. Federica D’Alessio ci confessa le sue perplessità sulla versione italiana della campagna. Manca la narrativa dello slogan in inglese. Manca l’epica di Nike. Manca la potenza evocativa.
Perché? L’asserzione si è trasformata in una domanda. E una domanda contempla sempre il dubbio, la possibilità di una risposta negativa. La comunicazione quindi si depotenzia. Fatichiamo anche ad afferrare il significato dell’espressione “giocare per milioni di persone”. Federica D’Alessio compie una riflessione molto accurata: cosa significa, in Italia, giocare per milioni di persone? In America può avere un senso, poiché esistono le grandi competizioni sportive che nella cultura popolare sono sentite come appuntamenti epici. Ma in Italia? In Italia lo sport è divisivo, non unisce e manca di carica epica. Poi c’è quella parola, “occasione”, che è diversa da “chance”. In Italia la usiamo, per esempio, anche per indicare i saldi.
Insomma, questa frase si poteva tradurre meglio? Secondo Federica D’Alessio sì e ci propone, seduta stante, la sua versione:
Se hai mai sognato di giocare una partita mondiale, ora puoi.
Scompare la domanda. L’espressione “partita mondiale” ci ricorda i mondiali di calcio, un momento epico per l’Italia, quindi il significato del messaggio non viene indebolito. La parola “occasione” viene sostituita con l’espressione “ora puoi”, molto più diretta. Forse così avrebbe avuto più efficacia. Tu cosa ne pensi?
Toyota, differenziare la comunicazione
Come ben sappiamo, l’emergenza Covid-19 è stata vissuta da ogni Paese in modo diverso. I brand globali hanno affrontato una sfida difficile: calibrare la loro comunicazione a seconda dei diversi contesti. Federica D’Alessio ci ha portato come esempio il caso Toyota, un brand che ha differenziato il suo modo di comunicare da mercato a mercato.
Questa, per esempio, è la campagna destinata al Sud Africa.
Ci sono un messaggio di speranza e l’invito a rimanere a casa. Compare il prodotto e non c’è traccia di una dimensione epica. La campagna Toyota destinata all’Italia, che forse avrai già visto in televisione, è invece diversa.
Il brand è consapevole che si sta rivolgendo a uno dei Paesi più colpiti dal Covid-19 e cambia completamente la sua narrativa. I toni sono epici, la dimensione sentimentale è molto accentuata e il prodotto non è più al centro della scena.
Apple, una sola voce
Veniamo ora all’ultimo esempio: la strategia comunicativa di Apple. Questa è la campagna globale “Creativity goes on” uscita durante l’emergenza Covid-19.
Apple ha scelto di mantenere la campagna inalterata in tutto il mondo, senza localizzarla. La sua essenzialità non esigeva grandi riadattamenti. Federica D’Alessio trova questa scelta eloquente e strategica: la lingua inglese può essere considerata un tributo all’identità originaria del brand – ricordiamo che anche l’America è stata molto colpita dal virus. È possibile che Apple abbia voluto, con questa scelta, trasmettere un senso di vicinanza e di appartenenza.
Si tratta di sfumature che non è facile individuare, ma che una volta colte potenziano la forza del messaggio trasmesso dal brand. Queste sfumature dimostrano quanto il lavoro del transcreator sia sottile e articolato, un lavoro in cui diverse discipline convergono e si intrecciano: scrittura creativa, marketing, traduzione, consulenza culturale.
Grazie Federica, è stato davvero un caffè interessante. Ci vediamo a Copy42 ADV.
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