Immagina di organizzare una festa e di scrivere gli inviti in Sindarin (una delle lingue parlate nella Terra di Mezzo ne “Il Signore degli Anelli”). Non perché sia la lingua dei tuoi ospiti o perché siano super fan della saga, ma perché “si è sempre fatto così”. Quante persone si sentirebbero escluse? Quante rinuncerebbero a partecipare? E quante ti chiamerebbero in ansia per capire quando e dove si devono recare?
Ecco, utilizzare un linguaggio non inclusivo nella comunicazione di brand è un po’ come mandare inviti in una lingua che non tutti comprendono: rischi di escludere parte del tuo pubblico e di perdere opportunità preziose di connessione.
In questo articolo ti spieghiamo, senza alcuna pretesa di esaustività, cos’è la scrittura inclusiva e ti forniamo due risorse gratuite e tre esempi per approfondire l’argomento in autonomia.
Cos’è la scrittura inclusiva
Se lavori come copywriter devi fare in modo che il tuo pubblico si senta rappresentato e incluso nei contenuti che progetti. Non parliamo di formule da lavagna, da applicare a ripetizione come una filastrocca, ma di porti il problema della rappresentazione in ogni testo che scrivi.
Per rendere la tua scrittura più inclusiva ci sono varie opzioni che puoi prendere in considerazione, e applicare di volta in volta.
Un primo modo è evitare il maschile sovraesteso e preferire il gender neutral. Ciò significa cercare di formulare frasi che si rivolgano alla totalità del pubblico che ti sta leggendo: sia esso composto da maschi, femmine o persone non binarie.
Anche usare lo schwa è un’opzione, ma non una regola che devi applicare sempre e comunque. E no, non succede nulla se non utilizzi l’asterisco. Su questo punto teniamo a essere chiar*.
Però vedi quante possibilità ci sono? E questo solo se ci limitiamo all’inclusività in ottica di genere. Se scriviamo per lavoro dobbiamo puntare molto più in alto e prendere in considerazione tutta una molteplicità di bisogni che le persone hanno, e il loro diritto di sentirsi rappresentate.
Per essere inclusivo, un testo deve essere infatti anche accessibile. Per esempio, pensa se scrivessi una didascalia di un post Instagram con più emoji che parole: una persona cieca o ipovedente, che utilizza uno screen reader, quanto riuscirebbe a cogliere del tuo messaggio? Le renderesti più facile la comprensione del post, oppure no?
Il punto è proprio questo: non si tratta di applicare formule standardizzate, ma di trovare le parole più appropriate per ogni contesto e situazione. È un processo di continua evoluzione e ascolto, che richiede sensibilità e attenzione alle sfumature sociali e culturali della lingua, non solo grammaticali.
E sai qual è il primo step per scrivere testi inclusivi? Progettarli in modo che siano semplici, comprensibili. E lo crediamo davvero, tanto che a Copy42 trovi una lezione interamente dedicata alla semplificazione del linguaggio, con esercitazione pratica, tenuta dalla business writer Annamaria Anelli.
E veniamo così alla prima risorsa gratuita che abbiamo selezionato per te.
Come scrivere in modo inclusivo: due risorse gratuite
Dicevamo: comunicare in modo inclusivo non significa complicare il linguaggio, arrampicandosi su frasi contorte e scivolose.
E infatti, come sottolinea Annamaria Anelli nel suo prezioso PDF “Parole rispettose“ (puoi scaricarlo gratis dal suo sito), semplificazione e inclusività vanno a braccetto. Quando ci impegniamo a scrivere in modo chiaro e comprensibile stiamo già facendo un grande passo verso una comunicazione più inclusiva. E umana.
Ti anticipiamo che all’interno del PDF non troverai solo teoria, ma anche un sacco di esempi ed esercizi pratici per allenare la tua penna.
E se vuoi approfondire il tema e scoprire cosa fa, per davvero, una consulente di marketing inclusivo, puoi vedere il webinar della professionista Ginevra Candidi, disponibile nella sezione webinar gratuiti di Copy42.
Gender neutral, schwa-non schwa, asterischi sì-asterischi no, webinar, risorse dedicate… Forse ti stai chiedendo perché dovresti fare tanta fatica per imparare a comunicare in modo inclusivo.
Sappi che, se lo farai, potrai progettare campagne pubblicitarie dirompenti, capaci di essere ricordate nel tempo. E te lo dimostriamo attraverso l’esempio di un brand che, da circa 20 anni a questa parte, ha fatto dell’inclusività una delle sue cifre valoriali e distintive.
Esempi di comunicazione inclusiva
Forse lo hai già capito: parliamo del brand Dove. La campagna “Real Beauty”, lanciata nel 2004, ha avuto 2 declinazioni nello stesso anno (a riprova del fatto che quando hai un concept creativo forte, non lo lasci andare).
La prima era per una linea di crema rassodante, dove si mostravano donne con corpi normali, di taglie e forme diverse (appunto, “real”).

Dove ha osato fare qualcosa di inedito per una linea di crema femminile: mostrare corpi veri, di donne in cui le altre si potessero identificare. Niente ritocchi, niente modelle super fisicate, ma persone con forme, taglie ed etnie diverse. Il messaggio era chiaro: la bellezza non sta nell’adesione a uno standard, spesso irrealistico, ma nella diversità. Si combattevano così anche quei modelli di bellezza tossici, che ancora oggi fanno sentire tante donne insicure e a disagio con il proprio corpo.
Sulla scia del grande successo ottenuto, il brand lanciò una seconda campagna che mirava sempre a rappresentare la bellezza non come un modello di perfezione (deciso da chi, poi?) ma in maniera più ampia, libera e umana.
Il messaggio era: che tu abbia 18 o 80 anni, con i capelli grigi o neri, con le lentiggini o senza… sei bella. Semplicemente perché sei tu.

Nel 2024, Il brand ha poi celebrato il ventesimo anniversario di “Real Beauty” con una campagna super attuale, che puntava i riflettori sull’importanza dell’uso etico dell’intelligenza artificiale.
Con “The Dove Code”, il brand non solo ha preso posizione nel dibattito aperto, e a volte infuocato, sulle implicazioni dell’I.A., ma ha anche colto l’occasione per riaffermare i propri valori di inclusività e farsi conoscere a un pubblico di nuovo generazione.

L’esempio di Dove ci insegna tre cose fondamentali sulla comunicazione:
- Quando hai un concept forte e autentico, può evolversi nel tempo e mantenere il suo impatto dirompente.
- L’inclusività non è un limite alla creatività, ma un’opportunità per distinguersi.
- Il pubblico riconosce e premia un messaggio inclusivo, se ne percepisce l’autenticità e la coerenza con i valori e l’identità del brand.
Ma il vero salto di qualità lo fai con la pratica. Se vuoi padroneggiare le tecniche della comunicazione inclusiva e migliorare la tua scrittura, non perderti la lezione della creative director Ella Marciello a Copy42. Oltre alla teoria, troverai esercizi pratici per mettere subito alla prova le tue nuove competenze.
A questo punto, ti diciamo Tenn’ enomentielva*. E vedrai: forse all’inizio farai fatica a ragionare in ottica inclusiva, e ti sembrerà tutto difficile e complesso. Ma col tempo, e un po’ di abitudine, la tua scrittura farà passi da gigante e Anar kaluva tielyanna!* E sui tuoi testi.
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*“Tenn’ enomentielva” significa “Arrivederci”, mentre “Anar kaluva tielyanna!” vuol dire “il sole splenderà sul tuo cammino” in Sindarin, o grigio elfico, la lingua artificiale di Arda creata da J. R. R. Tolkien.
Vedi quanto è fastidioso quando le parole ti lasciano fuori?
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